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Personaggi illustri di Meldola

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felice orsini

Felice Orsini nasce a Meldola il 18 dicembre 1819, da Andrea (Lugo,1787 – Bologna,1857) e da Francesca Ricci (Firenze,1799 – 1831). Il padre era, a Meldola, amministratore della famiglia Borghese Aldobrandini, a cui successero i Doria.
Quando Felice aveva due anni, i genitori si trasferirono a Firenze. Saldi, comunque, rimarranno i suoi legami con Meldola.
Nel 1828, il padre fu espulso dal Granducato di Toscana, per motivi politici: già nel 1821figurava come capolista in un elenco di carbonari compilato dalla polizia toscana. Andrea si stabilisce a Bologna; Felice è con lui, ma, dopo una breve residenza in questa città, viene accolto a
Imola dallo zio paterno Orso (1786 – 1864), un ricco commerciante, e da sua moglie, Lucia, coi quali rimase sino al 1839, quando venne ammesso a frequentare la facoltà di Legge presso l’Università di Bologna, ove si laurea nel 1843.
Al 5 luglio 1836 risale un episodio assai grave: Felice ferisce mortalmente, con un colpo di pistola, Domenico Spada, un famiglio di Casa Orsi: il tribunale di Ravenna sancirà che lo sparo era partito accidentalmente.
Nel 1844 Felice è arrestato, in quanto ritenuto autore di un piano insurrezionale, e condannato all’ergastolo. E’ arrestato pure il padre Andrea.
L’amnistia concessa nel 1846 dal neoeletto Pontefice Pio IX, restituisce la libertà anche a Felice, che si stabilisce a Firenze, città natale della madre, ove si dedica assai attivamente alla cospirazione.
Qui conosce Assunta Laurenzi, che sposerà il 28 giugno 1848.
Scoppiata la 1^ Guerra d’Indipendenza nel marzo 1848, vi partecipa, inquadrato nel corpo franco dei Cacciatori dell’Alto Reno, comandato dal bolognese Livio Zambeccari. Il Battaglione Zambeccari parteciperà, nell’autunno successivo, alla difesa di Venezia, che, insorta contro gli austriaci, resisteva al loro assedio.
Eletto, nel collegio della Provincia di Forlì, deputato all’Assemblea Costituente, che, a Roma, il 9 febbraio 1849, proclama la Repubblica Romana, Orsini svolge, su incarico dei reggitori di questa, importanti missioni: a Terracina, per porre termine alle violenze e agli abusi di ogni genere qui commessi da Callimaco Zambianchi; ad Ancona, per debellare l’anarchia che vi dominava, e ad Ascoli contro il brigantaggio.
La caduta della Repubblica, nei primi giorni del luglio ’49, a seguito dell’intervento militare francese a sostegno del Pontefice Pio IX, obbligò Felice all’esilio.
Dopo una breve sosta a Firenze ed una di circa otto mesi a Genova, agli inizi del marzo 1850 è a Nizza, con la moglie. Qui nacquero le due figlie, Ernestina (1851 – 1927) ed Ida (1853 – 1859).
Qui conosce il grande scrittore russo Alessandro Herzen e, per il suo tramite, i coniugi Giorgio Herwegh ed Emma Siegmund, con la quale Orsini instaura un forte legame ideale: essa avrà un ruolo molto importante nelle successive vicende del patriota.
Seppure dedicatosi agli studi matematici e militari e al commercio della canapa, l’amor patrio rimane in Orsini predominante: accetta, infatti, di guidare, nel settembre 1853, un tentativo insurrezionale mazziniano, nella zona di Sarzana e Massa, che fallisce sul nascere. Nel maggio 1854, prepara un’altra insurrezione mazziniana in Lunigiana, anch’essa fallita, al pari del tentativo attuato, sempre per volontà di Mazzini, in Valtellina, l’agosto dello stesso anno. Pure all’agosto ’54 risale il distacco dalla famiglia: a Nizza rimangono le figlie e la moglie, che non intende seguirlo in quella sua vita avventurosa.
Da Milano, ove si reca, in ottobre, su incarico di Mazzini per rinserrare le file patriottiche, dopo l’insuccesso della rivolta dell’anno precedente, Orsini raggiunge Vienna e l’Ungheria: qui viene arrestato il 17 dicembre 1854.
Rinchiuso, il 28 marzo 1855, a Mantova, nel Castello di San Giorgio, ne evase la notte fra il 29 e il 30 marzo 1856 in modo leggendario.
Stabilitosi in Inghilterra, vi iniziò un’intensa opera di sensibilizzazione dell’opinione pubblica alla causa dell’indipendenza italiana, scrivendo anche due volumi Austrian Dungeons (1856) e “Memoirs and Adventures” (1857).
Staccatosi da Giuseppe Mazzini, matura in Orsini la decisione di colpire Napoleone III, da molti patrioti ritenuto un traditore della Carboneria, nemico della libertà e dell’indipendenza d’Italia, da lui soffocate con l’intervento militare contro la Repubblica Romana.
Diffusa, pure, la convinzione che l’eliminazione di Napoleone III avrebbe determinato l’avvento della Repubblica, prima in Francia, poi negli Stati vicini.
Note sono le vicende dell’attentato, attuato il 14 gennaio 1858, mentre l’imperatore, con l’imperatrice Eugenia, si recava a teatro. Le tre bombe, lanciate dai complici di Orsini, causarono 8 morti e più di 150 feriti, mentre la coppia imperiale rimase illesa.
Nel processo che ne seguì, il nobile atteggiamento di Orsini, ulteriormente rafforzato dal contenuto delle due lettere, che egli scrisse a Napoleone III, l’11 febbraio e l’11 marzo 1858, riscattarono la scelta dell’attentato, almeno sul piano delle motivazioni ideali.
Inevitabile, comunque, la condanna alla ghigliottina: l’esecuzione, il 13 marzo 1858, venne affrontata con grande dignità, al grido di “Viva l’Italia, Viva la Francia”.

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