Loggiato Aldobrandini

Il Cardinale Pietro, nipote di Clemente VIII, al secolo Ippolito Aldobrandini, dopo aver preso possesso della terra di Meldola, acquisita dai Pio da Carpi nel 1597, invitò Giovan Battista Aleotti di Argenta, stimato architetto degli Estensi, a visitare il sito meldolese. Dai documenti si apprende che l’Argenta visitò Meldola il 26 ottobre del 1603 per prendere visione del Sacro Monte e dell’Hospedale del SS.mo Crocefisso, al fine di produrre due progetti, poi realizzati. Si ipotizza, pertanto, che durante una sua visita gli venisse commissionata anche l’opera architettonica che noi oggi identifichiamo come Doppio Loggiato Mercantile Aldobrandini, nonché primo Pavaglione della città, innalzato nel 1609. Mancando riferimenti d’archivio, questa attribuzione è sostenuta da uno studio comparativo delle architetture aleottiane, civili e religiose, nonché teatrali-sceniche, eseguite in Argenta, Ferrara, Parma e Gualtieri.

Il progetto è caratterizzato da un doppio loggiato, dodici archi di ordine dorico al piano terra e ventiquattro archi ionici al piano superiore, suddivisi da un’elegante trabeazione contenente triglifi e metope, nelle quali trova spazio l’arma degli Aldobrandini: la sega con sei stelle. Le murature, pilastrature e paraste costituenti l’impalcato statico e compositivo dell’intero complesso erano ricoperte da un leggero strato di intonachino color cotto, che ne lasciava intravedere la tessitura compositiva sottostante.

Eretto in luogo delle mura e fosse castellane, delimitava l’area dell’antico mercato, ora piazza principale, aprendo la città alla nuova cultura del tempo: il barocco. Questa proposta progettuale prende a prestito dal Rinascimento il riferimento alla classicità – acquedotti romani – proiettandola all’interno della cultura teatrale e scenografica, della quale l’Aleotti era profondo conoscitore e inventore. In questa opera riesce a fondere in modo mirabile i bisogni economici e mercantili della città con una progettualità coerente alla cultura del tempo, dando vita ad un’operazione di radicale rinnovamento urbanistico, secondo stilemi architettonici che fanno del loggiato una vera e propria opera d’arte. Il grande e ritmato portico al piano terra dava spazio ai bilancioni utilizzati durante la fiera del pavaglione per la pesa del bozzolo, dal quale era possibile accedere a dodici botteghe in doppio volume, nelle quali trovavano posto i macellai, i fornai, e i rivenditori di granaglie. Il loggiato superiore un tempo era la naturale espansione del Palazzo del Pretorio, una sorta di Galleria degli Uffizi, allietata da decorazioni di rossi tendaggi aperti su finte balaustrate che si affacciavano su paesaggi prospettici, divenendo cortina scenografica e proiezione della piazza in via di formazione.

Purtroppo, con le demolizioni ottocentesche della porta malatestiana e del palazzo, con gli interventi del 1839, che previdero l’erezione di muri divisori al primo piano, completati dall’inserimento dei grandi finestroni nel 1942, nonché da quelli realizzati alla fine secolo scorso, il loggiato ha perso la sua antica originalità e funzione.