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Personaggi illustri di Forlì

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SAFFI

AURELIO e GIORGINA SAFFI

Aurelio Saffi (1819-1890) fu un politico repubblicano.

Nato a Forlì il 13 Ottobre 1819 da Girolamo e Maria Romagnoli, studierà a Ferrara, conseguendo nel 1841 la laurea in Giurisprudenza, per poi trasferirsi a Roma dove si avvicina ai ferventi ideali indipendentisti.

Nel 1848 conobbe Mazzini e l’anno seguente, con la nascita della temporanea Repubblica Romana, fu eletto triumviro con Mazzini e Armellini.

Esule a Oxford nel ’51 come insegnante di letteratura italiana conobbe Giorgina.

Discendente da una illustre famiglia scozzese di tradizioni liberali era figlia di John Craufurd e Sophia Churchill, ferventi mazziniani e membri della Società degli Amici dell’Italia. Si sposò con Aurelio nel 1857, nonostante la contrarietà del padre.

Aurelio rientrò in Italia nel 1860, stabilendosi a Napoli dove diresse il giornale “Il Popolo d’Italia” e nel 1861 venne eletto deputato al parlamento del nuovo Regno d’Italia.

Si dimise però nel 1864, tornando prima in Inghilterra, per poi stabilirsi nel 1867 definitivamente con la famiglia nella villa di campagna di San Varano.

Qui si dedicò all’organizzazione del movimento repubblicano e alla definizione del suo indirizzo politico, impegnandosi a favore delle autonomie locali e dei problemi sociali: in merito a questi, favorì l’associazionismo operaio ed artigiano di ispirazione mazziniana. Partecipò inoltre all’amministrazione locale, sia provinciale che comunale della città di Forlì.

Gli ultimi anni della sua vita lo videro insegnante di Diritto presso l’università di Bologna fino al 1890, anno della sua morte, che avvenne nella sua villa a San Varano.

Giorgina invece continuò a vivere nella grande casa, interessandosi alla politica, alle problematiche sociali, alla cultura e all’arte della neonata nazione italiana. Ne sono testimonianza le Lettere inedite di Giuseppe Mazzini a M.me X, date alla stampa nel 1907, o la traduzione dall’inglese all’italiano del libro L’educazione morale della gioventù, considerata nei suoi rapporti col sesso (1882), o ancora La vita e le opere di Correggio (1888).

La sua attività editoriale venne condotta grazie alla collaborazione con il letterato Giuseppe Mazzatinti, che permise alla donna di pubblicare alcuni scritti inediti del marito. Il suo associazionismo ed il suo impegno per la causa femminista è qualcosa che l’hanno sempre contraddistinta; memorabili sono i suoi scritti Alle donne forlivesi e Alla società operaja femminile di mutuo soccorso in Forlì.

Si spegnerà il 30 luglio 1911, attorniata dall’affetto dei suoi quattro figli: Giuseppe Attilio (1858- 1923), Giovanni Emilio (1861-1930), Carlo Luigi (1863-1896) e Rinaldo Arturo (1868-1929).

Caterina_Sforza

CATERINA SFORZA

Figlia naturale del Duca di Milano Galeazzo Maria Sforza, Caterina giovanissima viene data in sposa a Girolamo Riario, nipote di papa Sisto IV.

Dopo la morte del marito, caduto vittima di una congiura, e dopo un inconfessabile amore per il giovane scudiero Giacomo Feo, anch’egli ucciso, Caterina sposa Giovanni de’ Medici il Popolano, dando vita al ramo dei Granduchi di Toscana grazie al figlio, che passerà alla storia come Giovanni dalle Bande Nere.

Cesare Borgia, duca Valentino e figlio del Papa Alessandro VI, nel suo disegno politico di conquista della Romagna, nel dicembre 1499 cinge d’assedio la Rocca difesa da Caterina Sforza e la conquista il 12 gennaio del 1500.

Trascorre gli ultimi anni di vita a Firenze dove si dedica all’educazione del figlio e alla raccolta di ricette mediche, cosmetiche ed erboristiche. Muore nel 1509.

PIERO MARONCELLI

La figura di Giovanni Battista Maroncelli, patriota, musicista e poeta forlivese, è stata resa celebre da Silvio Pellico nelle pagine de Le Mie Prigioni. Nato nel 1795 a Forlì, fin da giovane dimostrò un grande talento musicale, tanto da ottenere una borsa di studio per studiare a Napoli nel 1810, dove ebbe anche i primi contatti con la massoneria.

Dopo aver proseguito gli studi musicali a Bologna nel 1815, fondò un’organizzazione settaria a matrice carbonara. Tornato a Forlì nel 1817, subì il primo arresto e condannato, scontò circa dieci mesi di detenzione.

Nel 1819 fu uno dei promotori e divulgatori del Quadragesimale Italiano, uno dei primi fogli clandestini del Risorgimento, e si trasferì poi a Milano dove organizzò la Carboneria lombarda. Arrestato nel 1820, fu condannato a morte, ma la pena fu commutata in carcere duro nella fortezza dello Spielberg a Brno dove rimase fino al 1830.

Uscito dal carcere, lavorò alla stesura di diverse composizioni e contribuì con aggiunte alle “Mie Prigioni” di Pellico. Nel 1831 si trasferì a Parigi, dove sposò la cantante Amalia Schneider, ma problemi economici lo spinsero a trasferirsi a New York nel 1833. Lì insegnò musica e divenne direttore di istituzioni musicali.

Maroncelli morì a New York nel 1846, lasciando dietro di sé un’eredità di impegno patriottico e artistico, che lo rese una figura significativa nel panorama del Risorgimento italiano e della cultura europea del XIX secolo.

Gerolamo_Mercuriale

GIROLAMO MERCURIALE

Girolamo Mercuriale (Forlì 1530 – ivi 1606) fu medico umanista e filologo, profondo conoscitore delle lingue latina e greca e della letteratura medica antica. Si dedicò allo studio di diverse branche della medicina (igiene, tossicologia, terapeutica, pediatria, oculistica, ecc.); tradusse inoltre in latino le opere di molti autori greci, specialmente di Ippocrate.

Il De arte gymnastica è la sua opera più nota e più originale, frutto di quasi sette anni di studi e di ricerche nei musei e nelle biblioteche di Roma. L’opera è il primo trattato completo di ginnastica medica, nel quale la ginnastica degli antichi è collegata con quella moderna. La ginnastica, considerata da Mercuriale la ginnastica quale mezzo terapeutico è esaminata dal punto di vista sia storico, sia medico propriamente detto, sia più generalmente igienico.

Dopo aver studiato medicina all’Università di Bologna, conseguì la laurea all’Università di Padova, dove ebbe l’opportunità di incontrare il famoso medico veneziano Vettor Trincavella.

La sua vita fu segnata da una carriera eccezionale nell’ambiente ecclesiastico e accademico; la sua fama lo portò infatti ad essere ricercato come medico personale da Papi, Cardinali, Imperatori e Granduchi, nonché come docente dalle più rinomate Università italiane fra cui Padova (1569), Bologna (1587) e Pisa (1592-1604).

Mercuriale morì a Forlì nel 1606 e fu sepolto nella cappella di famiglia dell’abbazia di S. Mercuriale.

GIOVANNI BATTISTA MORGAGNI

Medico e anatomico (Forlì 1682 – Padova 1771), è considerato il fondatore dell’anatomia patologica: capì infatti che le malattie modificano corpo umano, lasciando dietro di sé tracce riconoscibili.

Laureatosi diciannovenne in filosofia e medicina a Bologna, dove fu allievo di A. Valsalva, ottenne nel 1711 la prima cattedra di medicina teorica di Padova.
Ottenne nel 1715, sempre a Padova, la cattedra di anatomia, che occupò fino alla morte; qui, grazie alla sua arte didattica richiamò studenti da ogni parte d’Europa.

La sua produzione scientifica, iniziata col primo dei sei Adversaria anatomica (1706) nei quali riportò innumerevoli osservazioni originali sulla struttura e la funzione di numerose formazioni anatomiche, aprì nuovi orizzonti all’arte medica.

Nella successiva monumentale opera De sedibus et causis morborum per anatomen indagatis (1761), Morgagni gettò le fondamenta dell’anatomia patologica, insegnando a studiare i rapporti tra malattia e concomitanti alterazioni degli organi coinvolti.

A lui è stata dedicata la prestigiosa statua che si trova in Piazza Morgagni. Scolpita da S. Salvini, fu donata alla città di Forlì dal Prof. Camillo Versari nel 1875.

DIEGO FABBRI

Diego Fabbri è una delle figure più illustri di Forlì, celebre per la sua brillante carriera come drammaturgo e per la profonda ricchezza spirituale che permea le sue opere, che lo ha reso una delle personalità più eminenti della scena letteraria e teatrale moderna.

Nato il 2 luglio 1911 a Forlì, Diego Fabbri ha iniziato a scrivere commedie già a 19 anni, iniziando così la sua straordinaria carriera come scrittore teatrale. In poco tempo si è affermato come uno dei protagonisti della scena italiana, raggiungendo il successo con opere come “Inquisizione” (1946), “Rancore” (1948), “Il Seduttore” (1951), e molti altre.

Condirettore (dal 1948), poi direttore della Fiera letteraria, dal 1977 diresse Il dramma.

É stato autore di saggi, di testi originali per la televisione e soggetti cinematografici, collaborando alla sceneggiatura di film diretti fra gli altri da De Sica, Rossellini.

La sua formazione culturale e ideologica ha posto il Cristianesimo al centro del suo lavoro, considerando il teatro come strumento etico e culturale fondamentale per la società. Attraverso le sue opere, Fabbri ha cercato di trasmettere verità emotive e interpretazioni del quotidiano, incoraggiando la ricerca dei valori essenziali della vita che potessero portare gli individui verso la redenzione e l’amore.

Diego Fabbri è scomparso il 14 agosto 1980 a Riccione, lasciando dietro di sé un’eredità duratura nel panorama teatrale italiano.

In suo onore, a Forlì è stato dedicato il Teatro Diego Fabbri, situato nel centro storico non lontano da Piazza Saffi, a testimonianza del suo impatto indelebile sulla cultura della sua città natale.

francesco-menzocchi

FRANCESCO MENZOCCHI

Francesco Menzocchi (Forlì 1502 circa – ivi 1574) fu allievo di Girolamo Genga, che ne favorì per lungo tempo la carriera e con il quale lavorò nella Villa Imperiale di Pesaro.

Fra il 1539-1540 Menzocchi fu a Venezia dove, in collaborazione con Camillo Mantovano e con Francesco de’ Rossi detto il Salviati, prese parte alla decorazione del perduto soffitto della sala di Psiche in palazzo Grimani presso S. Maria Formosa a Venezia (1539).

Sensibile alla maniera del Pordenone e alle eleganti cadenze del Parmigianino, dipinse, con accentuati effetti chiaroscurali, Crocifissione e santi (Forlì, Chiesa di San Biagio), Presentazione di Gesù al tempio (1533, Cesena, Santuario della Madonna del Monte), Deposizione dalla croce (1538, Forlimpopoli, Chiesa di S. Ruffillo).

MACEO CASADEI

Nato a Forlì nel 1899, è allievo del pittore Giovanni Marchini, fondatore nel 1920 del Cenacolo Artistico Forlivese.

Nel 1912 si trasferisce con la famiglia a Lione, dove continua gli studi artistici, affiancando come collaboratore il concittadino artista Pietro Angelini. Dopo la prima guerra mondiale rientra in Romagna e si dedica attivamente alla pittura.

Nel 1934 viene assunto dall’Istituto Nazionale Luce di Roma con la qualifica di disegnatore, distinguendosi però anche per la progettazione di prodotti pubblicitari e fieristici.
Dal 1941 al 1943 è impegnato come reporter di guerra, sempre per conto dell’Istituto Luce, scattando oltre seimila fotografie e realizzando opere di soggetto bellico, alcune delle quali verranno poi esposte alla Galleria Il Milione di Milano (1942).

Durante il decennio romano, decisivo per il suo processo artistico, Maceo esegue nature morte, nudi femminili, vedute urbane e scene di guerra che presenta in numerose esposizioni della capitale e con le quali organizza tre personali a Roma e una a Milano. Sempre a Roma, collabora come cartellonista con Giacomo Balla e Mario Sironi e conosce Mario Mafai. In particolare nel 1937 alcune sue opere sono esposte alla Galleria Nazionale dì’arte Moderna di Roma.

Tra il 1946-1947 soggiorna a Venezia, dove conosce e frequenta Filippo de Pisis. Dall’inizio degli anni Cinquanta rientra e risiede stabilmente a Forlì dove intensifica la propria attività artistica con la presenza a rassegne e concorsi di pittura, qualificandosi come maestro della tradizione figurativa ottocentesca, a cominciare dalla grande lezione degli impressionisti francesi, coltivata a lungo come esercizio di buona pittura nel solco di un realismo lirico del tutto indipendente rispetto agli andamenti delle mode e dei gusti del suo tempo.

Nel 1968 dona alla Pinacoteca Civica di Forlì oltre centocinquanta opere (dipinti, acquerelli, disegni).

Muore più che novantenne nel 1992.

MARCO PALMEZZANO

Nato nel 1456 a Forlì Palmezzano si formò accanto a Melozzo degli Ambrosi detto Melozzo da Forlì, di cui fu “caro alievo” e con il quale lavorò a Roma e a Loreto.

Tornato a Forlì nel 1493-1494, collaborò sempre con il maestro alla decorazione della Cappella Feo nella chiesa del San Biagio, andata distrutta durante un bombardamento nel 1944.

Dopo una breve esperienza a Venezia nel 1495, Palmezzano si trasferì stabilmente a Forlì, concentrando la sua attività per i centri romagnoli e diventando il pittore di riferimento dell’aristocrazia locale. Frutto della raggiunta sintesi artistica è la grandiosa pala con l’Annunciazione (Forlì, Museo Civico di San Domenico), datata 1495-96 circa, dove all’interno di una navata a volte su colonne di breccia aperta su un luminoso e animato paesaggio, ha luogo l’incontro tra l’Arcangelo Gabriele e la Vergine.

L’ultimo trentennio della sua attività vede il suo successo e l’affermazione incontrastata del suo modello di pala prospettica, della sua pittura compatta e lucente.

L’attività artistica di Palmezzano fu straordinariamente longeva e prolifica; tuttora Forlì e la Romagna custodiscono numerosi suoi dipinti che ancora oggi attraggono per la pittura a olio smaltata e compatta e per gli scenografici sfondi.

A Forlì, il complesso museale del San Domenico ospita ben quattordici sue opere, tra cui primeggia la pala d’altare dell’Annunciazione; all’interno dell’Abbazia di San Mercuriale tra le tre opere di Palmezzano presenti, affascinano le grande pale de L’Immacolata con il Padre Eterno e i santi Anselmo, Agostino e Stefano e La Madonna col Bambino e i santi. Altre opere del Palmezzano sono presso la Chiesa di San Antonio Abate in Ravaldino, la cattedrale di Santa Croce, la Chiesa di San Biagio e la Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì.

Altri suoi capolavori sono a Forlimpopoli presso la Chiesa di Santa Maria dei Servi, a Castrocaro Terme nella Chiesa dei Santi Niccolò e Francesco, a Brisighella nella Collegiata dei santi Michele e Giovanni Battista e nella Chiesa di Santa Maria degli Angeli, a Dozza Imolese nella Chiesa di Santa Maria Assunta, a Faenza nella Pinacoteca Civica.

gino-mandolesi

GINO MANDOLESI

Gino Mandolesi (Forlì, 1915 – Forlì, 1955) inizia la sua formazione all’interno della Società Industrie Fotografiche, dove conosce Maceo Casadei, pittore attivo nel campo del ritocco fotografico, da cui apprende i rudimenti in campo artistico. Mandolesi affina le sue capacità sotto la guida del maestro fino al 1934, quando Maceo Casadei si trasferisce a Roma per lavorare presso l’Istituto Luce.

Quattro anni più tardi, grazie all’intercessione dello stesso Maceo Casadei, lo stesso Mandolesi ottiene un impiego presso l’Istituto Luce come ritoccatore. A Roma Mandolesi si dedica, nel suo tempo libero, alla pittura dal vero e alla frequentazione della Scuola di Nudo di via Margutta. Tuttavia, i contatti con gli altri artisti sono limitati e rimangono poche tracce della sua presenza a mostre e rassegne d’arte.

Nel 1946, dopo l’esperienza come reporter di guerra sul fronte africano, Mandolesi torna a Forlì e inizia a esporre le sue opere in mostre collettive e interprovinciali, ottenendo successo e visibilità. Nel corso degli anni partecipa a numerose mostre personali insieme ad altri artisti forlivesi, come Maceo Casadei, Leonida Brunetti, Giorgio Spada e Alberto Pacciani.

Saldamente ancorato alla tradizione figurativa ottocentesca, e senza mai distaccarsi dalla lezione di Maceo, l’artista si fa particolarmente apprezzare come paesaggista, autore di nature morte e scene di genere.

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