Secondo alcune fonti il primo teatro era originariamente ubicato nella Rocca e in seguito nell’edificio chiamato “Racchetta o Pallacorda” dove si svolse attività teatrale fino al 1820. A seguito dell’esigenza di reperire un locale nuovo venne incaricato l’ingegnere forlivese Giuseppe Missirini di presentare un progetto da realizzare in un appezzamento di terreno coltivato ad orto nel retro del palazzo Comunale concesso dalla Comunità. Una scrittura privata impegnava 37 cittadini a ‘somministrare i fondi per costruire il teatro.
La costruzione inizio nel 1827, sulla base di un progetto che prevedeva un teatro a pianta ellittica modificata durante i lavori in pianta a “ferro di cavallo” e terminò verso la fine del 1836, inizi del 1837.
Dopo oltre vent’anni dall’apertura le condizioni generali di alcune strutture interne all’edificio teatrale richiedevano interventi improrogabili, che comportavano un impegno finanziario assai gravoso per la Società dei Condomini. Essa infatti si fece proponente di un’istanza all’amministrazione comunale perché si assumesse l’onere di ultimare i lavori necessari.
Nel 1867 venne incaricato l’ingegnere comunale Luigi Conti di Faenza per la stesura di un progetto di restauro e per la costruzione dei palchi sul proscenio e della scala di accesso al loggione. Tuttavia gli interventi iniziarono soltanto nel 1876. I lavori furono ultimati nel 1877 con l’esecuzione delle parti decorative ad opera del pittore bolognese Luigi Samoggia.
Da questo momento furono messe in scena rappresentazioni di alto livello qualitativo, sia di prosa che di lirica. Dal 1892, anno di acquisizione da parte del Comune, numerosi furono gli spettacoli d’opera, che culminarono nel 1901 con il “Don Pasquale” di Donizetti. Questi successi convinsero gli amministratori a dotare l’intera struttura di luce elettrica nel 1902. Tra il 1929 e il 1931 il teatro rimase chiuso per inagibilità. L’anno seguente passò in gestione all’Opera Nazionale Balilla e fu utilizzato prevalentemente per proiezioni cinematografiche.
Dal 1934 subentrò l’Opera Nazionale Dopolavoro. Al termine della guerra, durante la campagna elettorale, il teatro accolse oratori politici, tra i quali è ricordato, nel 1949, Sandro Pertini. Nel 1954 venne revocata l’agibilità che pose fine a quell’intenso fervore artistico che aveva caratterizzato il teatro romagnolo. Solo nel 1978 furono avviati i lavori di recupero, su un progetto proposto da un gruppo di studio formato dall’ingegnere Capucci, dalla dottoressa F. Farneti, dall’architetto G. Dicci e dall’architetto Silvio Van Riel, che ne diresse i lavori, proseguiti per sei anni. La pianta della sala di Meldola, come già si è accennato, è a ferro di cavallo, con tre ordini di palchi, tredici per piano, e loggione.
L’aspetto generale è caratterizzato da un’eleganza sobria ed essenziale che rende armonico l’insieme. Il cielo presenta decorazioni monocrome a tempera e calce con effetti chiaroscurali e di rilievo, simili a quelli del frontone del boccascena.
Nel perimetro esterno ai monocromi si alternano tondi che racchiudono l’effigie di famosi musicisti e autori di prosa. Il rosone centrale è attorniato da un decoro policromo a tralci floreali, di fattura posteriore. Oggi il teatro svolge regolare attività, proponendo spettacoli di prosa, operette, concerti, teatro ragazzi, oltre ad essere utilizzato per manifestazioni pubbliche.
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