Il percorso della Pinacoteca civica di Forlì all’interno del complesso monumentale del San Domenico termina in una piccola sala pensata per ospitare la canoviana scultura di “Ebe”, la dea «dalle belle caviglie». La statua forlivese è la quarta e ultima versione della fortunata iconografia, tutta d’invenzione canoviana, della giovane coppiera degli dei dell’Olimpo. Personificazione del motivo, già pienamente romantico, della giovinezza che sfugge e prototipo delle statue del “genere delle aeree”, con la sua dinamica della figura in volo ed il bilanciato equilibrio compositivo della posa delle braccia sa sorprendere l’occhio da qualsiasi punto la si guardi. La giovane è fissata come nell’atto di atterrare, con la veste completamente rigonfiata dall’aria, e qui Canova, come osservò Pindemonte, riuscì a scolpire «i passi». La versione forlivese di questa figura del mito antico colpisce per i riusciti dettagli dorati della collana e del nastro che trattiene i capelli, preziosi particolari che si sommano alla coppa e alla brocca in metallo dorato. Nell’“Ebe” di Forlì affascina il gioco di equilibrati contrasti tra parti nude e porzioni completamente avvolte dalla fluttuosa veste e l’abilità raggiunta da Canova, celebre per la qualità pittorica del suo scolpire, di trasformare il duro marmo in molle carne.